• Barbara

    E’ una mattina di febbraio,di quelle luminose e fredde giornate d’inverno in cui le fresie gialle e arroganti sui terrazzi ti fanno sentire vicina la primavera.

    Sono quasi le due quando Anna esce da scuola affamata e stanca, dopo aver parlato per due ore della dialettica di Hegel mi sento chiamare da una piccola macchina azzurra, e’una voce dolce sottile, emozionata, quella della bambina che, quando tornavamo a casa la sera in macchina si addormentava e svegliava continuamente

    Fino all’arrivo.

    Mi scivolano i libri dalle mani, mentre le dico:”che bello.mi sei venuta a prendere!”.

    Risponde subito:”mamma,aspetto un bambino”.

    Non mi crolla nessun mondo addosso,come forse a freddo avrei pensato!

    La nostra generazione di genitori non piu’ giovani si e’ posta il problema di come reagire alla notizia di questi esseri nati spesso per distrazione o per caso e non certo legati alla volonta di avere un figlio o ad una notte di grande passione .

    La nostra patetica generazione sbaglia ancora nella proposta: e’ una cosa bella tirar su un bambino anche se sei sola.ti aiuteroì! ”NO,mamma io voglio abortire. non me la sento di crescere un figlio!NON Lo voglio.

    E allora la corsa attraverso le soluzioni che la legge sembra offrire.

    Una corsa ad ostacoli con un taxi che ti sballotta nei luoghi dove dovresti trovare una risposta e dove si moltiplica la pena… non e’ possibile deve attendere due mesi, la manderemo a chiamare, non si preoccupi c’e’ tempo per intervenire.

    Fredda, lucida la testa anche di fronte alla stupida ironia di infermiere e medici di turno che non conoscono ne’ la legge ne’ il malato.una intera giornata che non ha ore, ne’ minuti ne’ spazi di respiro, ma solo un acchiappare con la determinazione di un pensiero la situazione. e insieme “non ti preoccupare”, ”vedrai che risolviamo tutto”mentre come fantasmi rivedi quei momenti, quando aspettavi Barbara, felice nelle vie di una citta’ del sud, piena di sole…la bambina attaccata al petto in un terrazzo fiorito, la dolcazza di un ritorno a casa con un fagottino caldo che odorava di latte…

    Poi qualcuno prospetta la necessita’ di un’ecografia, dicono per fare il punto della situazione e nell’attesa ci scambiamo le parole piu’ dolci che mai avremmo saputo inventare. non sappiamo ancora che il bambino e’ gia’ morto, che un semplice raschiamento risolvera’ il caso, che la vita riprendera’ come prima, o non piu’ come prima.



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